againstdarkness

22 aprile 2006

COME AVERE LA BENZINA A META' PREZZO

Siamo venuti a sapere di un'azione comune per esercitare il nostro potere
nei confronti delle compagnie petrolifere.

Possiamo far abbassare il prezzo della benzina ai colossi del petrolio,
senza dover rinunciare ad acquistare benzina!!! Anche se non hai la
macchina, per favore fai circolare il messaggio agli amici. E' un'idea
geniale!


Si sente dire che la benzina aumenterà ancora fino a 1.50 euro al litro.

Possiamo far abbassare il prezzo solo se ci muoviamo insieme, in modo
intelligente e solidale.

Ecco come. Posto che l'idea di non comprare la benzina un determinato giorno
ha fatto ridere le compagnie (sanno benissimo che,per noi, si tratta solo di
un pieno.. differito, perché alla fine ne abbiamo bisogno!), c'è un sistema
che invece li farà ridere pochissimo, purché si agisca in tanti.

La parola d'ordine è: colpire il portafoglio delle compagnie senza lederci
da soli.
I petrolieri e l'OPEC ci hanno condizionati a credere che un prezzo che
varia tra 0,95 e 1 euro al litro sia un buon prezzo, ma noi possiamo far
loro scoprire che un prezzo ragionevole anche per loro é circa la metà.

I consumatori possono incidere moltissimo sulle politiche delle aziende.
Bisogna usare il potere che abbiamo.
La proposta è che, da qui alla fine dell'anno, non si compri più benzina
delle due più grosse compagnie,SHELL e ESSO, che peraltro ormai formano una
unica compagnia.
Se non venderanno più benzina, saranno obbligate a calare i prezzi.
Se queste due compagnie calano i prezzi, le altre dovranno per forza
adeguarsi.

Per farcela, però dobbiamo essere milioni di clienti di Esso e Shell, in
tutto il mondo.

Questo messaggio, proveniente dalla Francia, è stato inviato a una trentina
di persone; se ciascuna di queste aderisce e a sua volta lo trasmette
a...diciamo una decina di amici, siamo a trecento. Se questi fanno
altrettanto, siamo a 3000, e così via.

Di questo passo, quando questo messaggio sarà arrivato alla... settima
"generazione", avremo raggiunto e informato trenta milioni di consumatori!

Inviate dunque questo messaggio a dieci persone, chiedendo loro di fare
altrettanto.
Se tutti sono abbastanza veloci nell'agire, potremmo sensibilizzare circa
300 milioni di persone in otto giorni dal12Aprile 2006. E' certo che, ad
agire così, non abbiamo niente da perdere,non vi pare?

Coraggio diamoci da fare !

10 aprile 2006

Berlusconi e fallimento: cancellato su Google ogni riferimento. Cosa può essere successo?

Speciale: Berlusconi e fallimento: cancellato su Google ogni riferimento. Cosa può essere successo?


Articoli di approfondimento su tematiche inerenti al mondo ICT, Internet e webmaster.


a cura di Marcello Tansini

In questi ultimi giorni di campagna elettorale, si è aperto un caso sul fatto che ricercando su Google in lingua italiana termini quali "fallimento" o "miserabile fallimento" il motore di ricerca rimandava alla pagina della biografia del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi pubblicata sul sito ufficiale del governo Italiano.

Noi di Webmasterpoint.org non siamo intervenuti sulla vicenda, indicata da numerose importante testate giornalistiche come un vero e proprio scoop, in quanto tali risultati (insieme ad altri come "basso di statura" o "buffone") comparivano su Google da più di 1 anno, tanto vero che la nostra prima news su questi "strani" risultati è datata 5 gennaio 2005: http://www.webmasterpoint.org/speciale/2004gen05.asp

A dire il vero, ci veniva un pò da ridere che i grandi mezzi di comunicazione se ne accorgessero solo adesso anche perchè, sempre da oltre un anno, se si ricerca su Google in lingua inglese "Failure" compare la biografia del Presidente Usa Bush.

Come può accadere tutto questo? E' il fenomeno del Google Bombing. Che cosa è una Google Bomb? Semplicemente significa riportare una frase con relativo link su più siti web possibile che a loro volta sono indicizzati a Google. In tal modo, sfruttando l'algoritmo secondo il quale Google indicizza le pagine web e i loro contenuti (soprattutto in base alla link popularity) tale frase avrà una alta probabilità (essendo riportata su tanti siti) di essere inserita nel motore nelle prime posizioni per una determinata ricerca.

E così, alcune decine di blog e siti italiani hanno inserito una semplice frasetta composta da due parole soltanto: "miserabile fallimento" o solo "fallimento" con un link diretto al curriculum vitae dell' attuale presidente del consiglio. Mi ricordo che la cosa era stata liquidata, ai tempi, come uno scherzo, realizzato anche da tanti siti e blog americani alle spalle di George Bush.

E' da ricordare che il Google Bombing è stato fatto anche per ottenere risultato molto nobili come, ad esempio, nel natale 2005 dove scrivendo "regali" si finiva sulla pagina dell'UNICEF.

Ma ora, in Italia, questo scherzo rischia di diventare un reato.

Venerdì pomeriggio le agenzie di stampa italiane battono le affermazioni di Enzo Savarese, responsabile dell'Autorità per le garanzie nelle Comunicazioni:

"Stiamo chiedendo a Google di modificare subito l'indicizzazione", spiega il dirigente della divisione investigativa Maurizio Masciopinto. Un'indicizzazione "piratata" in modo da dirottare su una pagina della presidenza del Consiglio (quella con la biografia del premier) la ricerca corrispondente a parole quali "fallimento" o miserabile". "Naturalmente - sottolinea Masciopinto - ottenuto il ripristino della normalita', procederemo con ulteriori accertamenti per capire se sussistono gli estremi di un reato"
(fonte AGI: http://www.agi.it/)

E subito rimbalza la notizia che la Polizia Postale (ottimo organo che vigila la rete, composto da esperti che più volte abbiamo apprezzato anche avendoli conosciuti di persona) ha richiesto a Google la cancellazione delle associazioni tra parole come "buffone", "fallimento" e "miserabile" con la pagina della biografia del Presidente del Consiglio. E sabato mattina (credo per primi in Italia), noi della redazione di Webmasterpoint.org diamo la notizia che tutti i risultati contestati a Google su Silvio Berlusconi sono scomparsi (http://www.webmasterpoint.org/news/Berlusconi-vince.html).

Se una persona ricerca "fallimento" o "miserabile fallimento" non trova più i risultati inerenti al Presidente del Consiglio. E' da sottolineare che ricercando "Failure" su Google in lingua inglese, compare ancora la biografia del Presidente degli Stati uniti d'America che, ufficialmente, non ha mai richiesto la rimozione di tale risultato di ricerca a Google (neanche Berlusconi lo ha mai richiesto, ma solo l'autorità delle comunicazioni ad onor del vero).

Cosa può essere successo?

1) Google su richiesta delle autorità italiane competenti riguardo Internet ha rimosso i link relativi al google bombing fatto ai danni del presidente del consiglio.
In questo caso, è necessario sottolineare che Google Italia non avrebbe nessuna colpa, perchè se l'Organo competente per la Rete in Italia, la Polizia Postale, su richiesta delle Autorità per le garanzie nelle Comunicazioni, fa una richiesta simile di cancellazione di alcuni risultati, qualsiasi sito web deve agire di conseguenza.

2) Dopo che è stata lanciata in anteprima la notizia della nostra redazione, in diverse persone ci hanno scritto e hanno scritto su alcuni forum e blog che i risultati da Google potrebbero essere stati cancellati grazie ad una modifica fatta sulla pagina della biografia del presidente del consiglio, con l'inserimento dei tag:
meta name="googlebot" content="noindex, nofollow" per non far tracciare la pagina della spider di ricerca di google.

La questione è che tale cambiamento nell'indicizzazione di Google non può avvenire di solito in meno di 2 giorni-3 giorni. Quindi, chi gestisce il sito della Presidenza del Consiglio sarebbe dovuto intervenire almeno ad inizio settimana.

Tra l'altro già al primo Google Bombing che risale a gennaio del 2004, come abbiamo già detto ad inizio articolo, era scomparso dopo qualche settimana fallimento e miserabile fallimento, come dimostra un nostro articolo, datato 11 gennaio 2004:
http://www.webmasterpoint.org/risorse/articolo.asp?id=3966

E in quel caso si era venuto a sapere che la pagina della biografia del presidente del Consiglio era stata cambiata, con propria la modifica dei metatag descritta poco prima. Per il momento la questione appare irrisolta e i dubbi rimangono. Abbiamo per questo scritto a Google Italia da cui aspettiamo la risposta.

Concludendo, che dire? Non vogliamo fare assolutamente polemiche in quanto Webmasterpoint.org non è un sito schierato politicamente. C'è solo da riflettere sul fatto che in Italia Internet è conosciuta ancora poco e male e chi conosce i meccanismi della Rete, può affermare con certezza che non possono esserci gli estremi di un reato.

Di operazioni come questa ne sono state fatte centinaia in ogni lingua e paese del mondo. Oltre a quella su Bush, una delle più note è avvenuta durante le notti dei casseur in Francia, qualche mese fa. Gli autori di molti siti web e blog francesi avevano collegato alcune parole relative al ministro dell'interno Sarkozy a un sito di caricature. Il governo francese in quell'occasione non ordinò indagini.

Ma proprio perchè vogliamo dimostrare di essere apolitici sul nostro sito web, riportiamo anche questa agenzia di stampa dei Comunisti italiani, che fa comprendere, e lo scrivo con un sorriso amaro, che Internet non solo è poco conosciuta in Italia dalla maggior parte della gente comune (purtroppo!!!!), ma anche da esponenti politici che al Governo si dovranno, comunque, occupare di tecnologie, tra le quali sicuramente anche Internet.

Ecco, dunque, come i comunisti italiani scrivono del "fallimento" o "miserabile fallimento" riferito a Berlusconi: «Anche il più importante motore di ricerca su internet contribuisce così a chiarire quale sia il reale bilancio di cinque anni di governo della destra» aveva sottolineato Jacopo Venier, della segreteria del Pdci. «Non sappiamo quali magici meccanismi - dichiara Venier - hanno portato a questo risultato ma è evidente che esiste una intelligenza "artificiale" che ha individuato i veri fallimenti ed i veri falliti di questa epoca. Se infatti si digita "failure" sul medesimo motore di ricerca si ottiene come primo risultato la biografia ufficiale del grande amico del nostro premier George Bush! Questo fatto divertente sia di buon auspicio per il voto e ci faccia però riflettere su come sia importate difendere la democrazia informatica e la libertà della rete da ogni controllo politico».

31 marzo 2006

OpenSource: Deduzioni fiscali per chi usa Software Opensource?

Su gentile concessione di Apogeonline

Nei giorni scorsi il Center for American Progress, think-tank progressista con base in Washington, DC, ha lanciato una proposta che interessa direttamente l’ambito informatico, e che sta facendo discutere parecchio online. Sotto il titolo di An Open Source Tax Credit, il centro ha diffuso una ricerca che pone al governo statunitense una richiesta apparentemente inconsueta ma innovativa: la riduzione delle tasse per i singoli che si dedicano allo sviluppo di programmi open source. Definizione quest’ultima che più correttamente dovrebbe essere software libero, viste le ampie caratteristiche che vengono citate nella ricerca stessa (software che può essere liberamente scaricato e usato, con il codice visibile e modificabile dall’utente).

Un’idea che ha come obiettivo primario l’incoraggiamento dello sviluppo e della diffusione del codice aperto, nonché il livellamento del terreno tra l’ambito individuale e la moltitudine di software house esistenti. Secondo gli estensori della proposta, un simile tax credit avrebbe costi minimi per il Tesoro federale con il vantaggio invece, nei tempi medio-lunghi, di ampi ritorni per l’economia nazionale, e per quella software in particolare. Per non parlare della grossa spinta simbolica che una simile decisione offrirebbe soprattutto rispetto all’innovazione, elemento-chiave di questo settore trainante.

Il cuore del ragionamento seguito dai due esperti del centro che hanno redatto il documento, John Irons e Carl Malamudsi, si basa sul fatto che mentre le aziende e i liberi professionisti possono dedurre le spese connesse allo sviluppo di software libero o proprietario che sia, non così per i semplici individui. Questi ultimi, in altri termini, non hanno modo di scalare alcuna spesa relativa alle risorse utilizzate nel lavoro volontario di sviluppo di Free Libre Open Source Software, il quale andrebbe invece equiparato ad altre deduzioni e crediti riservati al singolo contribuente. Il valore del tempo donato da quest’ultimo non verrebbe calcolato, in maniera simile a quanto avviene per donazioni di beneficenza. Tuttavia le spese vive, tipo le tariffe per il web hosting, il deprezzamento di capitali in uso (computer, periferiche) e le spese di viaggio per partecipare a convegni legati allo sviluppo di software, e altri costi di base, andrebbero dedotti nella misura del 20%.

Le premesse cruciali di quest’iniziativa tornano altresì utili per ribadire la crescita positiva del settore: nel 2004 si stima che 1,2 milioni di cittadini statunitensi abbiano contributo in qualche modo a progetti open source—solo SourceForge.net, l’archivio più esteso, ne contiene oltre 100.000. Il software libero, spiega ancora il documento, è parte essenziale delle operazioni di centinaia di milioni di computer intorno al mondo ed è diventato il fulcro dell’infrastruttura di Internet. Senza contare che il codice aperto stimola la creazione di nuovi pacchetti anche in ambito proprietario, e viene usato negli ambiti più disparati. A fronte di questi aspetti positivi, esiste invece un chiaro squilibrio per quanto concerne gli incentivi fiscali tra le aziende for-profit e i singoli sviluppatori. E la Open Source Tax Credit mira proprio a riportare equilibrio in questo contesto.

Diffusa a ridosso della scadenza annuale per la denuncia dei redditi (negli Stati Uniti è il 15 aprile), la notizia ha attivato un’ampia serie di commenti, con una buona parte di addetti ai lavori che dimostra scetticismo sull’effettiva implementazione, pur lodando l’iniziativa in sé. Qualcuno propone invece al governo, nel caso dovesse essere d’accordo con la premessa di base del documento (l’importanza del software libero per l’economia) di commissionare progetti specifici ai programmatori. Analogamente, c’è chi si spinge più in là, suggerendo che tutto il software realizzato per il governo, o che comunque riceva fondi statali, venga rilasciato sotto una licenza copyleft o quantomeno compatibile con la GNU GPL.

La nota comunità di Slashdot non risparmia, come al solito, commenti assai motivati sul tax break, così viene scioltamente definita la proposta. C’è chi chiede quali sarebbe i criteri per essere ammessi alle deduzioni: gli sviluppatori che abbiano fornito contributi rilevanti? Oppure solo i lead developer? E, ampliando leggermente la questione, per chi dona il codice a un’organizzazione nonprofit, tipo la Free Software Foundation, ciò vale come somma deducibile al pari della beneficenza? Tutte domande rilevanti e dettagliate, a testimonianza dell’attenzione riservata dalla comunità a queste ed analoghe questioni economiche. Inclusa la doccia fredda che qualcun altro non esista a lanciare: «sembra più qualcosa di cui sia facile abusare, consentendo a qualsiasi programmatore di dedurre il 20% di tutto l’hardware che ha acquistato…. Oppure, vogliamo che sia il governo decidere cosa vada qualificato come open source e cosa no?»

Filone questo tutt’altro che nuovo, la poco gradita ingerenza governativa, il quale sfocia in un’argomentazione diffusa: qualsiasi tax break o sussidio statale è una cattiva idea perché offrirebbe al governo la scusa di poter controllare la direzione di qualsiasi progetto di Floss che possa arrivare a guadagnare qualcosa. E pone lo sviluppatore in una strana posizione nel caso quel software violi qualche norma vigente – scenario tutt’altro che utopico, viste ad esempio le restrizioni imposte dal Digital Rights Management e la relativa proliferazione online di programmi liberi e gratuiti atti ad aggirare tali restrizioni.

Comunque sia, l’attenta analisi del Center for American Progress ha il merito, tra gli altri, di lanciare una sorta di ponte tra i singoli programmatori, la comunità di sviluppo e le strutture politico-amministrative—e non è poco, in un settore high-tech troppo spesso dominato dai giganti e potentati. Oltre che suggerire delle linee-guide concrete per una tendenza che potrebbe trovare pratica applicazione in futuro, e non solo negli Stati Uniti. Ovviamente sempre tenendo conto degli opportuni suggerimenti “dal basso” e sfruttando al meglio l’idea di fondo per cui l’offerta di incentivi a sostegno del Floss finirebbe per incrementare l’efficienza economica del settore e finanche dei paesi coinvolti.

29 marzo 2006

Italia.it. La storia del portale scomparso costato 45 milioni di euro

Ne avevamo già discusso ai tempi dell'apertura del progetto soffermandoci sull'onerosa cifra che tale progetto Internet richiedeva: ben 45 milioni di euro. A distanza di due anni, non possiamo ancora commentare nè tecnicamente nè a livello di marketing se questi soldi sono stati spesi bene, perchè qusto portale non esiste ancora.

Di cosa stiamo parlando esattamente? Del portale Italia.it, fiore all'occhiello della nostra attuale amministrazione pubblica che viene riportato anche a pagina 36 del libretto che il Governo ha inviato alle famiglie con il titolo "L'innovazione digitale per le famiglie". Il sito viene definito come "Un portale nato per promuovere l'offerta turistica via internet e il patrimonio culturale, ambientale e agroalimentare italiani" e che permette alla famiglie italiane e agli stranieri interessati di organizzare le proprie vacanze in Italia.

Il problema è che se si apre tale sito, a distanza di ben due anni, compare una schermata che richiede login e password caratteristica dei portali ancora in costruzione dove possono entrare solo i tecnici che ci stanno lavorando. La situazione si fa ancora più grave se pensiamo che il 9 marzo scorso il ministro per l'Innovazione, Lucio Stanca, ha firmato un decreto che dispone uno stanziamento di 21 milioni di euro "per l'ulteriore evoluzione del portale nazionale del turismo".

Il nuovo investimento è stato sottoscritto per finanziare le amministrazioni regionali per l'attività di creazioni di contenuti relativi alle proprie città e località di interesse turistico. Ma come possono inserire tali dati se il portale non è ancora online? Repubblica.it lo ha definito giustamente un "sito fantasma", come dargli torto? Anche Beppe Grillo dal suo blog è intervenuto nel suo blog per commentare la situazione, definendolo il "portale scomparso".

Riassumendo brevemente la vicenda, il progetto è stato avviato nel marzo del 2004 ed affidato ad Innovazione Italia che ha assegnato parte dell’appalto a Ibm, Its e Tiscover. I primi 20 milioni erano stati stanziati per creare la piattaforma digitale, inserire i primi contenuti e pubblicizzare il sito in tutto il mondo. I successivi 25 milioni, co-finanziati dalle Regioni, sarebbero serviti, in collaborazione con le associazione di categoria per creare nuovi contenuti dettagliati.

Occorre sottolineare che l'idea del Governo era assolutamente buona in quanto l'intero progetto avrebbe permesso di avvicinare numerose istituzioni turistiche ad internet, in maniera particolari residence, alberghi, campeggi che in Italia utilizzano Internet per promuovere la propria attività e ricevere prenotazioni solo per il 5% contro il 35% del livello europeo.

Continuiamo, comunque, la storia di Italia.it. Lo scorso dicembre l'amministratore delegato di Innovazione Italia, Roberto Falavolti, annunciava che "entro gennaio 2006 potrebbe essere online la prima versione del sito in due o tre lingue, con contenuti limitati". Siamo arrivati ad oggi e il sito non è ancora online.

Interpellato da Repubblica.it, Roberto Falavolti spiega che "La piattaforma digitale è stata ultimata, anche se il consorzio continuerà a lavorarci fino a luglio '07. Ora spetta al ministro Stanca stabilire quando presentare il portale. Una decisione che sarà presa dopo aver sentito il parere del Comitato nazionale per il turismo". E alla domanda: ma quando sarà attivo Italia.it? "Una prima versione in italiano sarà pronta a breve, ma non saprei indicare con precisione una data".

Dunque, Italia.it è finito, il 9 Marzo il Ministro Stanca ha disposto un ulteriore stanziamento di denaro pubblico, ma il sito è ancora offline. Nel frattempo, Francia e Spagna, solo per citare due Nazioni vicine a noi, hanno lanciato con ottimi risultati i rispettivi portali turistici nazionali Franceguide.com e Spain-info, anche perchè, le ultime statistiche, affermano che un terzo dell'e-commerce mondiale è basato sull'acquisto di viaggi e biglietti aerei online con un aumento del 30% annuo.

La domanda sorge spontanea: ma almeno per le vacanze di quest'anno il portale Italia.it (che tra l'altro è un bellissimo nome di dominio) sarà disponibile?

27 marzo 2006

Nuova grafica di Google

La nuova grafica di Google in anteprima


Il giovanissimo Salvatore Aranzulla, giovane informatico 16 enne pubblica ancora una volta una indiscrezione molto interessante: alcuni screenshot del nuovo layout di google.



Il giovanissimo Salvatore Aranzulla, giovane informatico 16 enne pubblica ancora una volta una indiscrezione molto interessante: alcuni screenshot del nuovo layout di google.

Google sta lavorando sul suo nuovo layout grafico da circa gennaio di quest'anno e solo in pochi fortunati beta-testers hanno potuto provare e vedere la nuova grafica.

Come potrete vedere anche voi la grafica è sempre semplice, con la novità di una colonna a destra.

Salvatore spiega nel suo sito che " Mio cugino Marcus è stato uno dei fortunati visitatori, che stanno testando la nuova grafica. Studiando i cookie del suo computer, sono riuscito a capire come è possibile testare la nuova grafica in esclusiva (!!) anche se non si è uno dei visitatori eletti. Ho fatto i miei test con Firefox"

E poi Salvatore spiega come poter vedere la grafica in anteprima sui nostri singoli computer

Per poterlo visualizzare nel proprio browser è quindi necessario modificare il cookie delle preferenze su google.com (o google.it). La procedura proposta è stata eseguita con Firefox sfruttando l’estensione "Add N Edit Cookies".

- Aprite Mozilla Firefox
- Installate Add N Edit Cookies e riavviate il browser
- Andate su Strumenti/Cookie Editor
- Allargate se necessario la finestra dell'estensione
- Cancellate i cookie "PREF" di Google (scrivete nel campo di testo "goog" e cliccate Filtra/Aggiorna)
- Cliccate su Aggiungi per creare uno nuovo cookie come descritto sotto (e poi salvate)

Nome: PREF
Contenuto: ID=fb7740f107311e46:TM=1142683332:LM=1142683332:S=fNSw6ljXTzvL3dWu
Server: www.google.it (cambiate ovviamente il dominio in base alla lingua)

Dopo aver aperto www.google.it, provare ad eseguire una ricerca e vedrete la nuova grafica.

Per vedere uno screenshot della nuova grafica, senza fare le operazioni descritte sopra, si può andare qui:
http://www.salvatore-aranzulla.com/wp-content/contenuti/googlenuovo21.gif

E vi ricordiamo anche il link del sito di Salvatore Aranzulla che merita di essere visitato spesso: http://www.salvatore-aranzulla.com/

21 marzo 2006

Banda larga bene universale

Adicunsum chiede che la banda larga in Italia venga considerato un servizio universale

I movimenti per i diritti dei consumatori sono mobilitati per far sì che il legislatore risconosca anche per la banda larga venga riconosciuta, al pari della telefonia, lo status di servizio universale

I movimenti per i diritti dei consumatori sono mobilitati per far sì che il legislatore risconosca anche per la banda larga (ADSL, HDSL, SHDSL, ed altri X-DSL, nonchè fibre ottiche, Connessioni Wireless, etc.) che consente la trasmissione veloce di informazioni telematiche venga riconosciuta, al pari della telefonia, lo status di servizio universale.


L'obiettivo è, infatti, la lotta al digital divide ed il riconoscimento della piena accessibilità ad internet per tutti i cittadini.

Le conseguenze che comporta tale scelta legislativa sono ampiamente documentate ed illustrate nel comunicato stampa presente sul sito del Movimento difesa per il Cittadino che qui di seguito vi postiamo.

"Riconoscere la banda larga "servizio universale" al pari della telefonia.

E' la proposta di Paolo Landi, segretario generale Adiconsum per superare il digital divide, permettendo a tutti i cittadini, indipendentemente dal territorio in cui vivono e dalle condizioni economiche in cui versano, di usufruire di tale servizio; di aumentare la concorrenza, perché in caso di servizio inadeguato consentirebbe al consumatore di cambiare operatore: di ridurre le tariffe.

Per Adiconsum, affinché il consumatore sia messo in condizione di confrontare le proposte commerciali delle varie aziende, i contratti devono riportare: l'indicazione dell'effettiva velocità di connessione e non dell'ipotetica velocità massima possibile.

Il consumatore deve pagare per l'effettivo servizio descritto e non per quello promesso! la descrizione del tipo di servizio offerto (scarico di foto, video, musica, ecc.) e della velocità alla quale è garantito; gli estremi per la risoluzione del contratto da parte del consumatore in ogni momento a fronte di un servizio inadeguato; la possibilità di ricorrere a forme conciliative di risoluzione del contenzioso attraverso le associazioni consumatori o i Corecom"

Condividiamo in tutto questo comunicato anche se ci permettiamo si rimarcare il fallimento dei tentativi conciliativi nei confronti degli operatori di telefonia e dati.

Molto più auspicabile sarebbe invece un procedimento di natura giustiziale-contenziosa da esperire innanzi all'autorità garante per le TLC (AGCOM), sulla falsariga del procedimento contenzioso che si intraprende innanzi al Garante per la privacy.

L'esperienza degli ultimi anni ha infatti insegnato che i tavoli conciliativi spesso vengono disertati dagli operatori e che, nelle località ove non sussistono associazioni di consumatori riconsciute, i rimedi alternativi al CORECOM di composizione delle controversie risultano assolutamente inidonei.

I procedimenti innanzi al Garante per la protezione dei dati personali risultano particolarmente celeri e si concludono con un provvedimento vincolante per la parte intimata, alla stregua di come dovrebbe avvenire per i contenziosi innanzi agli operatori.

09 marzo 2006

L'idrogeno: una risorsa per il futuro

L'idrogeno: una risorsa per il futuro

Economia a Idrogeno

Nei paesi industrializzati, l’economia dell’idrogeno sta diventando l’obiettivo verso cui puntare in termini di sviluppo tecnologico nel settore energetico per il miglioramento della qualità della vita dei cittadini. L’idrogeno non è di fatto una fonte primaria di energia, ma un "vettore energetico"; può costituire infatti un valido mezzo di accumulo dell’energia da utilizzare poi in modo distribuito ed ecologico nel territorio.

Il ciclo dell’idrogeno è riassumibile nelle seguenti fasi:

L’esigenza di produzione dell’idrogeno per estrazione da altre molecole, per lo più fonti fossili o acqua, rende tale risorsa un “vettore energetico” più che una fonte primaria, capace di produrre e di immagazzinare energia da fonti rinnovabili a lungo termine. Le difficoltà di trasporto e stoccaggio dell’idrogeno dipendono dalla sua bassa densità energetica, dall’alta esplosività, infiammabilità e richiedono, pertanto, infrastrutture marine, stradali ed aeree sicure ed economicamente accettabili, nonché capaci di garantire il trasporto.

Le tecnologie per la conversione dell’idrogeno si avvalgono di sistemi:

  • a conversione elettrochimica, che convertono direttamente l’energia di un combustibile in elettricità e calore;
  • a combustione, che sfruttano i motori convenzionali a combustione modificati per funzionare efficientemente con idrogeno o con miscele di idrogeno e gas naturale.

L'idrogeno è stato utilizzato in sicurezza, per molti anni, in applicazioni chimiche e metallurgiche, nell'industria alimentare e nei programmi spaziali; allo stato attuale le possibili applicazioni riguardano:

  • settore industriale;
  • trasporti;
  • generazione elettrica;
  • impieghi portatili.

L'Impegno di ENEL
Per lo sviluppo dell’economia ad idrogeno Enel punta sulla produzione sia da fonti fossili , attraverso la gassificazione del carbone, sia da fonti rinnovabili con il processo di elettrolisi, sfruttando l’elettricità prodotta nelle centrali idroelettriche.
Enel, pur operando nei propri laboratori di ricerca anche nella sperimentazione e verifica delle celle a combustibile , concentra i suoi sforzi nel campo dei sistemi di conversione basati sulla combustione in quanto basati su tecnologie consolidate a livello industriale e, quindi, economicamente fattibili anche su taglie elevate. A questo proposito, nell’ambito delle attività dell’Hydrogen Park di Marghera, sta sviluppando un progetto dimostrativo di un ciclo ad idrogeno per produrre elettricità e calore, caratterizzato da un’efficienza complessiva molto elevata ed emissioni zero.